L'angolo del "Test-Drive"

The Car I Want



tony.cerulo@gmail.com

Racing

- Finalmente la settimana scorsa ho avuto modo di effettuare il test drive della nuova Cooper S!!! Era una full optional con, ahimè (mi piace smanettare) il cambio automatico. Premetto subito che il test drive è stato di breve durata, purtroppo...avrò percorso sì e no un 5/6 km tra percorso cittadino e extraurbano.

 

- Che dire! La settimana scorsa avevo avuto un assaggio delle ottime doti telaistiche della nuova Mini a bordo di una Cooper D che, checché se ne dica, appena ti siedi, subito ti fa capire che non è un'auto come le altre, ben lontana dall'essere una "blanda" berlina. Anche la F56 non tradisce affatto la sua vocazione sportiva che, aggiungerei, sulla S sembra essere "corsaiola".


- Veniamo al sodo: da una Mini si pretende una sola cosa, che sappia divertire ed emozionare alla guida....ebbene, la S che ho provato non ha tradito le attese: tutto merito dell'assetto, veramente rigido in sport (ma anche in MID non scherza ), che non concede nulla al rollio e al beccheggio, la senti sempre ben piantata a terra, e questa sensazioni di sicurezza ti permette di osare. Inoltre, come da tradizione, la piacevolezza di muovere quel "coso tondo" (vd. "volante") è notevole La servo-assistenza restituisce sempre un ottimo feedback al "pilota", mi è piaciuta un sacco, il volante è sempre bello corposo da azionare, diciamo che fa "resistenza", pertanto l'ho trovato molto comunicativo, rapido e diretto, come d'altronde era sul precedente modello. Darei un bel 9.

 

 

- Rispetto alla Cooper D, ho trovato ancora più piacevole la sensazione che restituisce il pedale del freno: sulla D il pedale era bello tosto da azionare, ma aveva un bit iniziale, e dopo i primi cm di "discesa" del pedale, la modulabilità iniziale non era "intuitiva". Sulla S, invece, ho riscontrato un pedale dal feedback impeccabile...anche sotto il profilo della modulabilità: dopo la tirata sul lungo rettilineo su strada a scorrimento veloce, ho dovuto effettuare una frenata energica per non perdere "l'uscita" allo svincolo , mi sono attaccato ai freni, e mi è piaciuta la risposta, la potenza e la modulabilità...darei un bel 9 ai freni

 

- per quanto riguarda il "pezzo" forte , ero proprio curioso di constatare se effettivamente il 2.0 era così poco grintoso come da alcuni evidenziato...beh, il discorso è che, ahimè, un po' tutti i turbo moderni sono uguali, nel senso che hanno un'erogazione molto lineare, il che, però, non vuol dire che manchino di grinta: premetto che l'auto l'ho usata in "M" con i paddles (tra l'altro se la provate, vi consiglio di mettere la leva selettrice in S e poi usare i paddle, altrimenti se la usate in D, anche con i paddles in M, spesso e volentieri ritorna in D); detto questo, ho provato spesso a schiacciare di botto intorno ai 4000 giri, e mi è piaciuta la risposta immediata del motore alla pressione dell'acceleratore, è davvero molto pronto a salire di giri, e sembra che l'allungo non abbia mai fine...anzi, a dir il vero, avrei preferito un 500 giri in più....invece, mi sembra che già a 6500 entri il limitatore. Infatti, la sensazione che ho avuto è che il motore sia "castrato", è come se fosse stato volutamente "addolcito" sia nell'erogazione sia nella potenza..ma d'altronde, ci sarà la JCW :D

 

In sintesi, la nuova Cooper S mi è piaciuta moltissimo: riuscito, senza dubbio, il nuovo abitacolo corredato da super gadget che concorrono a creare un’atmosfera veramente unica, piacevolissima, e molto ben calibrati i ritocchi alla carrozzeria che nella versione S risultano, forse, fin troppo eccessivi. Ma il motivo principale che mi spingerebbe a comprarla è, senz’altro, il divertimento che sa regalare alla guida: tutto sembra tarato in chiave sportiva per soddisfare le velleità “corsaiole” del pilota di turno: seduta infossata, volante verticale dal carico sempre presente,  feedback racing del pedale del freno, telaio affilato, motore gratificante. Se riuscissi a trovare, fra qualche semestre, una km 0 ben accessoriata potrei fare la pazzia di ritornare al turbo benzina in sostituzione del mio attuale “purpo” diesel by Opel :D

Dopo aver posseduto esclusivamente auto diesel, decisamente poco prestazionali, pur percorrendo oltre 30.000 km annui, sul finire del 2007 decisi che era giunto il momento di passare ad altro, ad un motore realmente capace di emozionare al volante, che mi facesse provare quelle sensazioni che fino ad allora il propulsore a gasolio mi aveva precluso. Così mi misi alla ricerca di un'auto che fosse prestazionale, estremamente divertente da guidare, con un design "appariscente ma non troppo", con un prezzo abbordabile ed una abitabilità più che discreta, tale da poter soddisfare anche eventuali esigenze di carico. Ebbene, la scelta è caduta sulla Grande Punto Abarth, una sportivetta “tutto pepe” con doti dinamiche davvero notevoli ed un'estetica sorprendentemente accattivante, impreziosita dall'applicazione del kit estetico (stickers e specchietti rossi) su livrea Bianca. 

L'abitacolo trasuda di sportività: numerosi sono gli elementi e congegni che trasmettono emozione a partire dalla scritta Abarth con cui il display centrale, posizionato all'interno della strumentazione, accoglie il guidatore nel momento in cui, dopo aver aperto la portiera, che, a dir la verità, difetta della solidità tedesca, si adagia sullo splendido e sportivissimo sedile, "brera style", in alcantara-pelle con poggiatesta integrato, fornito di avvolgenti profili laterali, molto validi nell'"ingabbiare" fianchi e torace. Nonostante la conformazione sia marcatamente sportiva, il sedile risulta comodo, ben fatto, ma, ahimè, nonostante sia disponibile di serie la regolazione in altezza, risulta sempre troppo alto; da un'auto del genere ci si aspetta, invece, una seduta infossata, "rasoterra" come su Bmw e Mini. Di buona qualità anche la plancia che è percorsa da una striscia di colore bianco che ricalca l'esterno e che funge da stacco alle tinte scure che dominano l'abitacolo: si va dal grigio scuro dei già citati sedili, al nero del cielo, realizzato con un materiale molto scadente, ruvido al tatto,  passando per i vetri oscurati, di gran effetto, ma che di notte rendono difficile le manovre. Gradevole, poi, la pedaliera in alluminio con pedali grandi di colore grigio scuro, ben spaziati, col freno e acceleratore ravvicinati in modo da garantire ai più smaliziati il "punta-tacco" senza problemi. A conferire un ulteriore tocco di sportività contribuiscono le cuciture a contrasto rosso presenti sulla pelle nera del cambio, sul pomello del freno a mano, sulla corona del volante, di piccolo diametro, con impugnatura ergonomica, tagliato in basso, dominato al centro dallo stemma Abarth che ritroviamo anche in prossimità della bocchetta d'areazione destra, di fronte al passeggero. Posticci, invece, risultano i copri-maniglie in simil pelle che contaminano quell'atmosfera "racing" attentamente realizzata. Delude, e non poco, la strumentazione, troppo standard, uniformata a quella della GP con contagiri, tachimetro, e temperatura refrigerante, impreziosita solo dal display multifunzione all'interno del quale è visualizzabile il manometro digitale del turbo. Sarebbe stato gradito trovare manometri analogici relativi alla pressione e alla temperatura dell'olio, strumenti di grande utilità.

Senza ombra di dubbio è stata l'unica auto della quale non mi sia pentito: offre prestazioni di rilievo, con costi di gestione da utilitaria, ha un'immagine "fresca" e giovanile, suscita l'interesse dei passanti di ogni età, dai bambini ai non più giovani che nell'Abarth rivedono il loro passato. Certo, come si dice, "non sono tutte rose e fiori": tra i principali difetti, si segnala la scarsa cura nell'assemblaggio, (vd. sportellino cassetto portaoggetti non perfettamente allineato) qualche risparmio di troppo, soprattutto nella parte bassa della plancia, con plastiche rigide, scadenti; qualche noia all'elettronica prontamente sistemata dall'assistenza. Si tratta, però, di difettucci dei quali ci si dimentica del tutto non appena si avvia il motore.

 

Quello che nel mondo sportivo si configura come un morbo divoratore implacabile di qualsiasi attività agonistica e non, il doping, divenuto ormai una pratica irrinunciabile, diffusissima, assolutamente da condannare e contrastare, nel mondo dell’auto è stato sapientemente trasformato dal brand Abarth in un reale punto di forza, innegabilmente positivo, accolto con straordinario favore da quel popolo di estimatori che considera l’auto non un semplice mezzo di trasporto ma molto, molto di più. Stiamo parlando del “doping automobilistico”, un cocktail micidiale di emozioni, sensazioni, brividi fortissimi, messo a punto dalle abilissime mani dei tecnici Abarth. Entrando nello specifico, si tratta di una droga potentissima capace di mandare in estasi i puristi della guida sportiva, coloro che comprano un’auto non in base al prezzo né alla capacità del bagagliaio né tantomeno in base al consumo. Sono quei pochi che magari rinunciano anche ad una vacanza extra, ad un gadget in più, per questo inevitabilmente preda delle ire, giustificate o meno, delle proprie fidanzate, pur di esaudire quello che è un loro desiderio: poter acquistare un’auto che si faccia guidare nel vero senso della parola, non semplicemente condurre, insomma, che al volante faccia sentire “piloti”. Li riconosci facilmente, sono coloro sui quali vedi stampato un sorriso smagliante quando si accomodano sugli sportivissimi sedili di una GPA, che gioiscono soltanto ad una semplice messa in moto, che si rallegrano del cupo sound allo scarico. Senza dubbio io faccio parte di questo gruppo un po’ folle, patologicamente ma piacevolmente dipendente dal “doping Abarth”.

  Tralasciando la prima operazione massiccia di dopaggio che ha interessato la Fiat Gp, è la seconda quella che ci riguarda: il potenziamento “muscolare” della già anabolizzata GPA. Questa “poveretta” è stata oggetto di profonde trasformazioni da parte degli “alchimisti” Abarth: la più importante ha riguardato il “cuore”, il 1.4 T-jet 16v 155 cv, che, grazie all’ausilio della turbina maggiorata, ora sprigiona 180 cv a 5750, con una coppia poderosa di 272nm.

   La scorsa settimana, dopo averla a lungo “ricercata”, presso alcuni “pusher” (leggi “concessionarie”), finalmente ho avuto la possibilità di “iniettarmi”, ahimè, per mezz’ora, la “SS”, la dose più sofisticata e costosa (ben 4500 + 1000 per la manodopera), fin qui realizzata dal “confezionatore” Abarth. Effettivamente, la cura dopante si sente tutta: il motore spinge in maniera vigorosa a partire dai 3000 giri fino oltre i 5800, mostrando quel pizzico di cattiveria che mancava al gemello “155 cv”, rispetto al quale vanta la corposa coppia, quasi costante, di ben 272nm erogata a partire dai 3000 giri. Il segreto, come anticipato, sta nella Garret 1446, capace di incollare al sedile il pilota di turno che osa schiacciare senza ritegno l’acceleratore, con conseguente rapidissima e rabbiosa progressione che ti aspetteresti solo da motori di cilindrata e potenza ben più elevata, a patto, però, di rientrare nel range di utilizzo ottimale, compreso tra i 4000 e i 5800 giri. Ai bassi regimi, infatti, tra i 1500-3000 giri il motore fatica a “carburare”, come se fosse afflitto da un più marcato turbo-lag rispetto al suo gemello; per cui, per una ripresa rapida e decisa, è meglio scalare una o anche due marce, facendo ricorso al “solito” 6 marce, sempre piacevole da manovrare, preciso negli innesti, supportato validamente da una frizione leggera, puntuale nello stacco, rinforzata, sull’esemplare in prova con la sostituzione del disco (almeno per i primi modelli di Gpa), capace di sopportare la succitata coppia senza strappi o fastidiosi slittamenti.

   Se il motore potrà non soddisfare i palati più esigenti, abituati magari a cavallerie ben più consistenti con erogazioni più brutali, sono convinto che nessuno resterà deluso dall’assetto, oggetto di opportuni e quanto mai azzeccati affinamenti. Più basso di 2 cm, più rigido rispetto alla Gpa stock, permette di ridurre considerevolmente il rollio, per cui l’inserimento in curva risulta stabile, veloce e preciso, grazie al supporto dell’ottimo telaio, esaltato da tale accurata taratura, tant’è che la soglia di intervento dell’Esp è ancora più elevata, il che si traduce in sotto-sovrasterzi piuttosto pronunciati ma che non compromettono in alcun modo la sicurezza che resta sempre elevata per via di un Esp tarato sì sportivamente ma, allo stesso tempo, lesto nel confinare nei giusti limiti di sicurezza, con interventi mirati, l’esuberanza incosciente del guidatore quando si spinge troppo oltre. L’ottima tenuta di strada è, oltretutto, garantita dai pneumatici Pirelli PZero nero nella misura 215/40 che avvolgono i cerchi da 18” bellissimi sia nella tonalità “bianco rally” sia in quella “titanio granturismo”. Stupisce ancor di più sulla SS, visto il tipo di assetto più esasperato, la buona capacità di assorbimento di avvallamenti, buche e quant’altro da parte delle sospensioni.

   Ad amalgamare il tutto, si segnala il potenziamento dell’impianto frenante Brembo (semmai ce ne fosse stato bisogno) con dischi forati all’anteriore con pastiglie alto-prestazionali, e posteriori. Sempre ottimo il carico al pedale così come eccellente è la modulabilità. A cambiare è, senza dubbio, la potenza frenante con una presumibile diminuzione degli spazi d’arresto. Infine da segnalare, il nuovo scarico doppio di maggior dimensioni dal quale ti aspetteresti un sound irresistibile e che, invece, risulta solo un po’ più accattivante di quello di serie. Si fa perdonare, però, in fase di rilascio quando si concede qualche scoppiettio rallistico. Ben più appagante, a parer mio, i due terminali di scarico che troneggiano ai lati dell’estrattore posteriore della neonata 500 Abarth. Al contrario, soddisfa pienamente l’evidente “sbuffare” della turbina che sollazza le orecchie del guidatore, soprattutto a finestrini aperti.

   Insomma, posso con certezza affermare che l’Abarth con la sua “SS” ha prodotto una “sostanza” in grado di soddisfare (per chi può permetterselaJ) il desiderio di “trasgressione e di sballo” al volante (si intende sempre in piena sicurezza, vd. Esp non disinseribile) di quel popolo di puristi dell’auto, giovane e meno giovane, doping dipendente.

 

PS: c’è una sola nota negativa che non trova giustificazione: l’aver privato lo sport booster della sua piacevolissima funzione della “doppia mappa” capace di trasformare la GPA stock da auto brillante in sorprendente sportiva. Invariata, invece, la funzione di ridurre la servoassistenza del volante e di aumentare la prontezza dell’acceleratore.

 

PS2: senz’altro lodevole la scelta di affiancare all’irresistibile ma poco accessibile “cocktail da sballo”, siglato SS, la variante Assetto, per così dire, depotenziata nei suoi effetti allucinogeni, ma più abbordabile (2500 + 300 per manodopera). Chi la sceglierà? Certamente chi non può permettersi il non plus ultra ss, o chi più semplicemente vorrà soltanto incrementare legalmente (entrambi i kit sono omologati) le già sorprendenti qualità dinamiche della Gpa stock, in termini di tenuta di strada, precisione e divertimento di guida e, perché no, che voglia rendere più accattivante il design della propria Abarth, regalandole quelle splendide calzature bianche.

 

Toyota Gt86

27.03.2013 13:00

 

Provata stamattina! Che dire... Un'auto fantastica, una sportivetta d'altri tempi: tutto è concepito per offrire al pilota un feeling di guida "racing" a partire dalla seduta infossata e molto avvolgente, al volante verticale dal diametro ridotto che sembra quasi privo di servoassistenza tanto è "pesante" da azionare; un comando bello pronto e preciso in grado di comunicare esattamente il comportamento dell'avantreno.

Mi ha colpito positivamente il cambio per l’escursione ridottissima della leva e per gli innesti rapidi e precisi con una frizione leggera, dalla corsa breve. Molto bene il feeling al pedale del freno, bello corposo da azionare, che sembra offrire un’ottima potenza frenante senza, tuttavia, inficiare la modulabilità. Davvero azzeccato l'assetto con un rollio e beccheggio quasi nulli senza essere, però, spacca-schiena; assorbe bene le asperità della strada ma qualche sobbalzo è avvertibile… D'altronde, è una sportiva!

A completare tale quadro sensazionale concorre il motore che con la doppia iniezione, diretta ed indiretta, mostra un’erogazione double face: in basso, risulta docile e molto lineare mentre in alto, poco prima dei 5000 giri, sfodera un tiro mozzafiato che è stroncato solo dall’intervento del limitatore a circa 7200. Il tutto è condito da una sonorità tanto invadente quanto piacevole: sembra di guidare un’auto da corsa. Lo scarico emette un sound molto gratificante dalle acute sonorità. Piacerà sicuramente ai puristi che non potranno fare a meno di lodare la trazione posteriore, un must per la guida impegnata.

In conclusione, la nuova Gt86 è una vera sportiva offerta ad un costo accessibile, considerando il completo equipaggiamento tecnico ed “hi-tech”. La concorrenza non offre nulla di simile allo stesso prezzo. È l’auto che mancava!

Con le sue evidente soluzioni “racing” sarà certamente in grado di appagare i palati più esigenti che avranno manico e coraggio per strapazzarla in pista, l’habitat che le è più congeniale.

In occasione dei Renault Exciting days ho avuto la fortuna di guidare una Megane RS Trophy sul circuito dell’Isam di Anagni. L’ho provata per saggiare di persona le ottime qualità dinamiche dell’auto, messe in evidenza dalla maggior parte delle riviste del settore che l’hanno acclamata regina delle hot hatches a trazione anteriore.

Interni

L’abitacolo presenta una forte connotazione sportiva: l’occhio resta immediatamente colpito dagli splendidi sedili Recaro, di ottima fattura, molto contenitivi, che avvolgono spalle e gambe del pilota e offrono una seduta infossata; sono una chicca assolutamente irrinunciabile su un’auto del genere. Certo, la salita e la discesa risulta, per i bassini di statura, un po’ scomoda ma è lo scotto da pagare per avere una seduta veramente racing. Tra l’altro, il giallo delle cinture contribuisce a spezzare l’atmosfera cupa, conferendo agli interni un aspetto molto grazioso.

Riuscito l’allineamento con la pedaliera di alluminio che non risulta eccessivamente disassata. Peccato per l’acceleratore non incernierato al pavimento che gli smanettoni del punta-tacco avrebbero gradito. Tuttavia, la disposizione e la conformazione dell’acceleratore permettono ugualmente di eseguire con un po’ di dimestichezza tale tecnica, magari eseguendo un più agevole punta-punta. Gradevole ma non entusiasmante il design del volante, collocato in posizione quasi verticale. In generale, si percepisce un’aura racing di grande qualità.

Alla guida

Avendo effettuato un semplice out-in dell’Isam posso solo esprimere le sensazioni che questa Rs mi ha trasmesso: innanzitutto, ho apprezzato la corsa della frizione ridotta, gli innesti del cambio secchi con una leva dall’escursione ridotta, l’ottimo carico del volante che mi è parso preciso e molto comunicativo; superbo l’impianto frenante, potente e pronto con un pedale dal giusto carico: ho avuto l’impressione che bastasse schiacciarlo poco per avere forti decelerazioni; oltre alla prontezza ha rivelato anche un’ottima modulabilità.

Il comparto, senz’altro, più riuscito è il motore che si segnala per un corposo ingresso del turbo a bassi regimi il che garantisce un bel tiro in basso ed un allungo gratificante fino alla zona rossa del contagiri. Per questa ragione l’istruttore mi ha fatto percorrere alcune curve dell’Isam, anche strette, in terza marcia, in modo da sfruttare la grande coppia in basso del Tce.

Tuttavia, non poteva essere altrimenti, è nelle sapienti mani del pilota/istruttore che durante l’hot lap, la Trophy ha svelato le sue vere qualità: grande motricità in uscita di curva grazie al differenziale meccanico e ad un’elettronica, in modalità sport, poco invasiva, una discreta agilità nelle esse strette e ravvicinate che costellavano il circuito, una tenuta di strada mostruosa garantita dalla gommatura generosa e da un assetto molto rigido. A colpirmi maggiormente è stata, però, la straordinaria reattività del posteriore che è emersa nel lungo curvone finale che il pilota, armeggiando col volante, ha percorso provocando volutamente degli evidenti, coreografici e, soprattutto, efficaci sovrasterzi, gestiti con apparente semplicità.
 

Conclusioni

La Megane Trophy è un gioiello unico (gli esemplari destinati all’Italia sono pochi e andati a ruba) che merita, fuor di dubbio, il successo e la fama che le sono stati attribuiti dalle più autorevoli testate automobilistiche. È, evidentemente per i pregi sopra illustrati, un’auto estrema indicata soprattutto per chi vuole dar sfogo al suo istinto corsaiolo durante i track day. Non avendola guidata in strada non posso esprimere un giudizio relativo al comfort. Tuttavia, la rigidità dell’assetto e l’impostazione palesemente sportiva mi inducono ad ipotizzare che chi è alla ricerca di una maggiore versatilità, senza per questo rinunciare a doti dinamiche e prestazioni fuori dal comune, potrebbe preferirle una Scirocco R

 

Intro

Con un design assolutamente personale, la Scirocco terza serie, in linea con la progenitrice partorita dall’abile matita di Giorgetto Giugiaro, travalica l’impianto stilistico al quale la casa di Wolfsburg è stata tradizionalmente sempre fedele, creando un unicum all’interno della propria articolata gamma di modelli. La conferma che la coupé tedesca rientri nel segmento, di recente rinvigorito, delle auto di nicchia è testimoniata dal numero esiguo di vetture vendute a partire dalla sua prima commercializzazione, avvenuta nel mese di Ottobre di due anni fa.

Presentazione “R”

Se la versione standard ha riscosso un grandissimo successo presso le più quotate riviste automobilistiche e presso i puristi più sfegatati, la R, acronimo di “Ringalluzzita”, ha fatto centro nel cuore di molti appassionati di auto sportive: non a caso, la versione “spinta” della Scirocco è stata creata dalla divisione “Racing”, nata di recente, con l’intento di personalizzare e “sportivizzare” le vetture del marchio VW: tale divisione ha sapientemente operato un face lift volto a rendere, semmai ce ne fosse stato bisogno, la linea della vettura ancora più aggressiva ed accattivante.

Design

Gli interventi più consistenti hanno riguardato il paraurti anteriore che ha subito un particolare processo di “bombatura” e “grigliatura” al termine del quale, a mo’ di gioielli, sono state incastonate due stringhe di led allo scopo di conferire quel tocco di eleganza che contraddistingue i modelli di punta del gruppo tedesco. Il paraurti posteriore, al contrario, si è arricchito semplicemente di uno spoiler posteriore di nuovo disegno, dominato dall’importante scarico cromato sdoppiato che suggerisce all’osservatore un sound da brivido. Probabilmente, poco felice è stato l’innesto delle minigonne laterali che risultano come “incollate” in post-produzione. Tuttavia, in tale maquillage realizzato, tutto sommato, ad arte non poteva certo mancare un segno distintivo, quel quid che rende immediatamente riconoscibile un’auto speciale. Ebbene, oltre alle molteplici “R” stampigliate su ciascun lato della carrozzeria, il quid di cui parlo è senza dubbio rappresentato dai bellissimi cerchi in lega star style, denominati “Talladega”, dal generoso diametro di 19 pollici (optional dal costo di 639 euro). Azzeccata la scelta di far indossare a siffatta bellezza un pneumatico dalle elevate prestazioni, il Potenza Re050A che insieme al neonato S-001 rappresenta il top di gamma di casa Bridgestone.

 

Interni

È l’abitacolo a non convincere pienamente, non tanto per la qualità dei materiali e dell’assemblaggio, perfettamente in linea con gli standard del marchio, quanto per l’eccessiva sobrietà del design: da un’auto marcatamente sportiva, qual è la R, ci si aspetterebbe un abitacolo esclusivo, ricercato. Ma di fatto, la plancia non è altro che una fotocopia di quella della Eos: le uniche sottili differenze sono rappresentate dalle finiture in nero lucido che incorniciano le bocchette di aerazione e lo splendido e funzionale schermo touch screen dell’unità Rns 510, e dai listelli in alluminio spazzolato marchiati con l’onnipresente “R”. Tuttavia, si ravvisano degli elementi  che, fortunatamente, contaminano tale austerità: il volante, di diametro ridotto e dalla sagomatura sportiva, sembra comunicare al fortunato “pilota” tutte le potenzialità dell’auto. Alle sue spalle campeggia una “palpebra” che ingloba una strumentazione piuttosto semplice, costituita da due ampi quadranti, contagiri e tachimetro, all’interno dei quali sono inseriti gli indicatori della temperatura del liquido di raffreddamento e del livello del carburante. Al centro spicca l’ampio display che fornisce numerose informazioni del computer di bordo in bianco su fondo nero. Molto gradevole è la colorazione blu delle lancette degli strumenti con la chicca dello staging, effettuato ad ogni accensione del quadro. Parziale delusione deriva dalla tipologia dei sedili, piuttosto semplici: se si esclude la presenza della marchiatura “R” sui poggiatesta e il diverso rivestimento in alcantara/tessuto, il modello dei sedili è praticamente identico alle Scirocco standard. Sarebbe stato opportuno distinguere la versione di punta adottando gli splendidi Recaro in pelle con poggiatesta integrato, disponibili in opzione sulla Golf R. Nonostante ciò, i sedili presentano una conformazione sportiva: la seduta risulta accuratamente studiata per soddisfare i clienti più esigenti che amano guidare infossati e con le braccia raccolte, in modo da poter controllare e sfruttare al meglio in pista le reazioni della vettura. Efficace anche il supporto laterale che trattiene bene il busto del guidatore il quale, all’occorrenza, può puntellarsi sul battitacco d’alluminio di ottima fattura, così come la pedaliera, con comandi ben spaziati. A questo proposito, gli smanettoni del punta-tacco potrebbe restare delusi in quanto tale manovra risulta poco agevole in determinate circostanze, a causa del non perfetto allineamento tra acceleratore e freno, quest’ultimo in posizione forse troppo rialzata.

Su strada

La Scirocco R con il suo design “piacione” potrebbe far pensare che sia esclusivamente un bell’oggetto da osservare estasiati, magari sorseggiando un caffè al bar. In realtà, sotto una veste sicuramente graziosa si cela un “mostro” piuttosto bellicoso che solo un guidatore dissennato (leggi “folle”) è in grado di domare. È sicuramente merito del motore, il pluripremiato 2.0 TSI che con una potenza di 265 cv a 6000 giri ed una coppia di 350nm, costante tra i 2500 e i 5000 giri, garantisce prestazioni strabilianti: la casa dichiara uno 0-100 coperto in 6 secondi netti per la versione con cambio manuale e 5.8 sec. con il meritatamente celebrato cambio DSG; la velocità massima non poteva che essere autolimitata a 250 km/h, per non indispettire la concorrenza. Differentemente dal piccolo 1.4 TSI da 160 cv la cui erogazione eccessivamente lineare non ha soddisfatto appieno alcuni possessori, il fratello maggiore è molto gratificante: l’ingresso del turbo, che lavora alla ragguardevole pressione di 1.2 bar, è ben avvertibile; in particolar modo, il “caricamento” inizia intorno ai 2500 giri oltre i quali la spinta diventa molto corposa tanto che nelle marce basse la schiena si salda al sedile ed il collo subisce un forte contraccolpo ogniqualvolta, in piena accelerazione, si innesta il rapporto successivo. Mozzafiato è l’allungo che si protrae con un tiro costante anche dopo i 5000 giri, fino ad oltre il regime di potenza massima, interrotto solo dall’ingresso guastafeste del limitatore, fissato a 7000 giri. A dispetto della trazione anteriore, l’elevata coppia motrice è scaricata a terra in maniera quasi sempre ottimale: soltanto nelle prime due/tre marce, come è ovvio che sia, spesso è chiamato in causa l’Asr, soprattutto su fondi scivolosi, il cui intervento, tuttavia, sembra provvidenziale e poco invasivo, così come l’Xds, il differenziale elettronico, che pinzando la ruota con scarsa aderenza, limita fortemente il sottosterzo, permettendo di seguire la linea ideale in curva. L’esuberanza e la grinta innegabili del motore sono tenute efficacemente a bada da un impianto frenante particolarmente potente: dischi  autoventilanti da 345mm all’anteriore e da 310mm al posteriore, dotati di tradizionali pinze flottanti. Tale sistema frenante, oltre che per l’estrema potenza, si segnala per la straordinaria modulabilità, favorita anche dall’ottimo feeling trasmesso dal pedale del freno: in sostanza, è un comando che offre la massima decelerazione solo quando è maltrattato. Inoltre, in strada garantisce una resistenza all’affaticamento di tutto rispetto, sebbene, è opportuno sottolinearlo, molte riviste abbiano riscontrato in pista un evidente cedimento dell’impianto dopo pochi giri lanciati.

Tuttavia, la sorpresa più eclatante l’ha riservata l’assetto: l’elevata distanza tra pneumatico e passaruota potrebbe indurre a pensare ad un assetto troppo morbido per un’auto del genere. In realtà, una volta saliti a bordo, immediatamente si constata che l’assetto è molto rigido e che mal digerisce le sconnessioni dell’asfalto, tant’è che spesso ci si trova a saltellare sul sedile. È lo scotto da pagare per avere un’auto dal piglio sportivo: ha una reattività che non ti aspetti da un’auto che pesa in ordine di marcia 1400 kg; danza tra le curve in maniera rapida, i cambi di direzione sono repentini e le traiettorie possono essere impostate agevolmente, con grandissima precisione, grazie all’ottimo volante che è caratterizzato da una servoassistenza davvero ben tarata che garantisce sempre il giusto carico e che lo rende molto comunicativo. Il principale responsabile della profonda reattività del telaio è, senza dubbio, il posteriore che risulta piacevolmente poco imbrigliato dall’Esp e, pertanto, tendente spesso e volentieri, se provocato adeguatamente, ad allargare verso l’esterno, favorendo così l’ingresso e la percorrenza della curva, il tutto sempre facilmente gestibile, per i più smaliziati, tramite acceleratore e volante. Inoltre, questo piacevolissimo comportamento, che fa saltare di gioia gli amanti della guida estrema, non inficia assolutamente la sicurezza di marcia: anche alle alte velocità la Scirocco R non si scompone e non manifesta mai serpeggiamenti ed oscillazioni, nemmeno in fase di energica frenata.

Non potrà certo sfuggire ad un udito esperto e raffinato la “musica” che è orchestrata dai lucenti scarichi cromati di ampio diametro che emettono un sound “baritonale”, piuttosto cupo ai bassi regimi ed, al tempo stesso, una sonorità, per restare in metafora, da mezzosoprano, man mano che l’ago del contagiri punta alla zona rossa.

Per la quadratura del cerchio mancherebbe soltanto un cambio da 10 e lode ma, ahimè, il manuale merita, a mio avviso, “solo” un 8 in quanto presenta una corsa eccessiva della leva e sembra non gradire affatto un uso veloce, testimoniato da impuntamenti che non sono proprio una rarità. Al contrario, risulta abbastanza morbido nella guida quotidiana, mostrando una certa ruvidità soltanto a freddo.

In relazione alle prestazioni offerte dal tipo di vettura il consumo di carburante risulta piuttosto contenuto: con una guida rilassata in città si ottengono percorrenze pari a 8 km/l e su percorsi extra-urbani con una guida particolarmente accorta non è difficile percorrere anche i 15km/l, adoperando marce alte a basso numero di giri, ad una velocità mai superiore agli 80 km/h. Ovviamente, chi compra un’auto del genere non presta assolutamente attenzione al problema dei consumi che, nella guida particolarmente impegnata, precipitano vertiginosamente, attestandosi anche sui 4/5 km/l.