L'angolo del "Test-Drive"

The Car I Want



tony.cerulo@gmail.com

Supercar

Porsche 911 Carrera S

È stato sufficiente saggiare per pochi chilometri lo spirito Porsche in occasione di breve test drive cittadino della nuova Boxster S per convincermi che avrei dovuto assolutamente testare un modello del marchio nel suo habitat più congeniale. Quale tracciato più idoneo al caso se non il fantastico e suggestivo autodromo “Enzo e Dino Ferrari” di Imola e quale occasione più ghiotta se non i corsi proposti dalla Porsche Driving School?

Interni

Premetto che non ho avuto la possibilità di visionare nel dettaglio l’abitacolo della 911 a causa della celerità con cui ci si alternava alla guida. Tuttavia, una volta in abitacolo, la prima sensazione che si percepisce è di essere realmente a bordo di un’auto fuori dal comune, particolarmente “anomala” in quanto la seduta risulta super – infossata, a filo del pavimento, a pochi centimetri dal suolo e la plancia sembra ingabbiare e sovrastare il guidatore. Confesso che, sulle prime, incute un certo timore. Segnalo, inoltre, la “stravagante” chiave d’accensione, insolitamente posizionata alla sinistra del volante, ma che, in realtà, vuole essere un dichiarato retaggio storico del marchio.

Alla guida

Dopo aver preso confidenza con l’abitacolo, armeggiando con le molteplici ed accurate regolazioni del sedile e del volante, ottenuto l’ok dal simpatico istruttore, do voce al possente boxer.

L’accensione risulta garbata, priva di forti strattoni, con un sound molto presente ma piacevole. Decido di usare i comodi paddles del volante Sport Design, molto ben sagomato, dal diametro ridotto, e dalla solida impugnatura per cui seleziono la modalità “manuale” sbloccando la leva selettrice del cambio tramite il pulsante apposito.

Prima di partire l’istruttore si raccomanda di evitare l’azionamento del kick down in quanto in determinate circostante può essere fastidioso. Recepito il suggerimento, innesto il primo rapporto e mi avvio verso l’ingresso del tracciato. Tuttavia, mentre percorro in seconda marcia la pit lane mi accorgo che la corona del volante, essendo quasi ad altezza dello sguardo, mi ostruisce non poco la visuale per cui, prima di entrare in circuito, apporto un’opportuna quanto necessaria modifica.

Finalmente, dopo aver superato il semaforo verde, entro in circuito e, su invito dell’istruttore, inizio ad accelerare a fondo senza attendere il riscaldamento delle varie componenti dell’auto, già ampiamente rodate nella precedente forsennata sessione di giri. Tuttavia, inizialmente, non effettuo cambiate al limite ma cerco di concentrarmi sui punti di frenata e sulle traiettorie.

La sensazione è di essere a bordo di una supercar molto gentle che infonde in maniera istantanea sicurezza e relativa padronanza al pilota: mi hanno impressionato il motore che divora i regimi con straordinaria rapidità dai 4500 giri fino al limitatore, sfoggiando una spinta notevole ed inesauribile, l’eccezionale potenza e l’ottima modulabilità dell’impianto frenante (anche se, a voler essere pignoli, avrei gradito un carico al pedale ancora più corposo) e la notevole precisione del volante che si rivela un ottimo interlocutore fra il pilota e l’assale anteriore. Strabiliante la motricità del posteriore quando, dopo il punto di corda, si affonda l’acceleratore senza ritegno. La Carrera si lascia condurre sempre con disinvoltura e naturalezza, non mi ha mai creato apprensione né nelle energiche staccate né nei repentini cambi di direzione a causa di una ripartizione dei pesi accurata.

Tuttavia, lo spirito “racing”, testimoniato dalla “S” che accompagna il logo 911 sul bel cofano posteriore, si rivela solo alla pressione del tasto Sport e, soprattutto, Sport plus.

In quest’ultima modalità l’auto diventa veramente SUPER: si percepisce in maniera netta la maggiore rigidità delle sospensioni, la rapidità e la cattiveria del PDK che elargisce un piacevole strattone ad ogni innesto effettuato a limitatore e, soprattutto, un sound coinvolgente, veramente da brividi. È come se fino a quel momento il mostro di Stoccarda fosse stato sopito. Ho percorso gli ultimi giri in questa modalità, sfruttando a pieno le potenzialità dell’auto, guidando a denti stretti e col sedere ben piantato nel sedile per stabilire una sorta di “linea rossa” con l’affilatissimo telaio.

 

Ps: segnalo un unico, a mio avviso, grave difetto: l’impossibilità di disattivare anche nella modalità completamente “manuale” il kick down. Peccato! Il PDK sarebbe, altrimenti, da 10 e lode.

 

Conclusione

È un'auto fantastica che merita a buon diritto la fama che la circonda da decenni. Di generazione in generazione la 911 non tradisce la sua vera essenza, il suo dna resta immutato. La 991 rispecchia in toto l'idea base della Carrera in quanto sa coniugare  prestazioni elevate e facilità di guida, ad un prezzo, tutto sommato, adeguato alla tipologia di vettura. Si tratta pur sempre di una supercar.

Intro

Prestazioni superlative, emozioni mozzafiato, sportività assoluta sono tutte espressioni che chiunque, appassionato o meno, associa in maniera, direi, naturale e consequenziale, al brand Ferrari che ha saputo, nel corso dei decenni, costruirsi sapientemente un’immagine, una fama straordinaria, testimoniata da una infinita schiera di proseliti, divenendo così, indiscutibilmente, una pietra miliare nel panorama automobilistico mondiale.

 

Evento

Da amante sfegatato delle quattro ruote, dopo aver guidato auto competitors, Lamborghini e Porsche, non potevo certo esimermi dal provare l’emozione di “pilotare” una Ferrari, realizzando un sogno che evidentemente perseguivo da bambino, con la consapevolezza di suscitare l’invidia di molti di voi, immersi nella lettura.

L’occasione è stata offerta dalla Driving Box, scuola di pilotaggio/noleggio supercar che, dietro lauto contributo, mi ha permesso di salire a bordo di una fantastica F430 spider che ho condotto, ahimè, per soli 2 giri, tra i cordoli del circuito internazionale di Sarno (SA).

 

Alla guida

Dopo aver sbrigato le consuete pratiche di registrazione presso l’accredito, dopo un’attesa di circa un’ora, finalmente giunge il mio turno: il responsabile della gestione “piloti” mi apre la portiera della splendida F430 spider, io, con il cuore a mille ed un’aria da ebete, dopo una lieve contorsione, mi “incastro” nell’avvolgente sedile racing a pochi centimetri dal suolo.

Vengo subito colpito da un dettaglio, diciamolo pure, insolito, divenuto sempre più raro negli ultimi anni sulle GT: l’auto oggetto della prova era equipaggiata con cambio manuale. Ebbene sì, la sorpresa è stata eclatante anche per me. Mi aspettavo di armeggiare come i paddles al volante ed, invece, mi toccava azionare frizione e cambio. Tuttavia, ammetto di aver benedetto la sorte: dopo aver guidato i più moderni doppia frizione ero curioso di guidare un bolide da 490 cv con la tradizionale trasmissione.

Lungi dal voler suscitare un dibattito acceso su quale tipologia di trasmissione sia preferibile su un’auto del genere, devo ammettere che guidare la leva del cambio nella griglia di selezione è stato stupendo. Certo, bisogna applicare una buona dose di forza per azionarla in quanto gli innesti risultano sì molto precisi, secchi, ma decisamente duretti; inoltre, la frizione, dall’escursione molto ridotta, è molto pesante da pigiare. Necessaria, dunque, una guida “maschia”.

Dopo gli inevitabili suggerimenti dell’istruttore, innesto la prima marcia: con grande naturalezza trovo senza difficoltà il punto di innesto, per cui la partenza risulta dolce, senza strattoni, grazie ad una frizione molto precisa e modulabile. Dopo pochi metri, su indicazioni del copilota, innesto la seconda e successivamente la terza, la marcia principale da tenere in circuito.

Già dai primi metri apprezzo la precisione del volante, dal carico giustamente elevato che mi trasmettere, fin da subito, un eccezionale feedback. Forte di ciò inizio ad aumentare l’andatura: dopo la seconda curva a destra mi si profila un lungo rettilineo: frusto l’acceleratore, ma non riscontro una reazione di rilievo: sono in terza, decisamente sottocoppia: il motore sembra “docile”, sale progressivamente di giri ma, poi, una volta varcata la soglia dei 4500/5000, esplode con un allungo entusiasmante, accompagnato da una sonorità unica, indescrivibile, da far rizzare i peli. Il sound Ferrari è davvero straordinario, inimitabile, irraggiungibile. Su invito del copilota innesto anche la quarta che, tuttavia, non riesco a tirare più di tanto.

Cento metri prima della fine del rettilineo, all’altezza di due birilli laterali che indicano il punto di frenata, ho modo di saggiare l’impianto frenante: assolutamente eccezionale. Mi colpisce la straordinaria potenza frenante e, soprattutto, lo splendido feedback del pedale, durissimo da azionare; si tratta di un comando veramente racing, distante anni luce da quello Porsche e Lamborghini, decisamente “molliccio”, a mio avviso, eccessivamente “stradale”. Finalmente, un pedale che va pestato come si deve, dalla corsa ridotta e senza bite iniziale. Non oso immaginare cosa è in grado di fare un impianto carboceramico.

Nonostante il circuito, per meglio dire, il kartodromo, per le sue caratteristiche, non fosse adatto a sfoderare in toto le sue superlative potenzialità, la F430 spider ha mostrato una certa agilità: sembrava molto più a suo agio, anche nelle curve strette, rispetto alla Lamborghini Gallardo, maggiormente tendente al sottosterzo.

 

Conclusioni

Dunque, il comparto motore – assetto – freni si è rivelato eccezionale: tra le supercar che ho avuto la fortuna di provare questa Ferrari si posiziona, senza ombra di dubbio, ai vertici della mia classifica personale, segnalandosi per la “cattiveria” del motore ai medio - alti regimi, il sound straordinario e l’impianto frenante, potente ed infaticabile.

 

Ps: l’auto è stata condotta, ovviamente, con controlli di stabilità e trazione attivi che, inevitabilmente, per garantire l’incolumità degli occupanti e dell’auto stessa, sono  risultati sempre ben presenti, un tantino fastidiosi, soprattutto se si era precipitosi con l’acceleratore in uscita di curva.

Intro

Per noi italiani il marchio sportivo per eccellenza che fa sventolare alta la nostra bandiera nel mondo è, senza dubbio, la Ferrari.

Tuttavia, tale marca automobilistica evoca inevitabilmente qualcosa di irrealizzabile, di impossibile, di assolutamente lontano dal mondo reale: stratosferico, infatti, il costo d’acquisto di un bolide marchiato con l’effige del cavallino, decisamente alla portata di pochi “eletti”, così come sanguisuga sono i costi di gestione.

Insomma, a noi brotoi, “mortali”, non resta che contemplare tale eccellenza italiana da una prospettiva miseramente distante, limitandoci a manifestare il nostro orgoglio di italiani nei confronti di un brand che rappresenta una pietra miliare nel panorama automobilistico mondiale.

Se, dunque, per le ragioni sopra illustrate, la Ferrari rappresenta per i più un’effimera chimera, un’utopia irrealizzabile, il marchio Porsche, punta di diamante dell’automobilismo tedesco, perseguendo una filosofia decisamente differente, sembra venir incontro, limitatamente ai modelli “entry level”, al guidatore esigente, dalle velleità sportive, ma dal conto in banca tutt’altro che spropositato.

 

Presentazione

Fatta questa debita ed opportuna premessa veniamo al sodo: recentemente, grazie alla disponibilità del Centro Porsche, ho avuto la possibilità di provare una New Porsche Boxster S dalla ragguardevole cavalleria di 315cv, in livrea blu scuro metallizzato, dotata di molteplici e quantomai azzeccati accessori per implementare la dinamica di guida, primo fra tutti, il cambio doppia frizione PDK, un must su un’auto del genere, e le sospensioni adattive PASM, irrinunciabili per garantire la giusta versatilità alla vettura.

Premetto che, non essendo un fan delle vetture “scoperte”, avrei preferito di gran lunga testare la Cayman ma, sfortunatamente, non era disponibile. Dunque, mi sono dovuto “accontentare” della sorella cabriolet che, come leggerete, non mi ha affatto deluso.

 

Interni

Prima di addentrarmi nell’anamnesi dettagliata delle sensazioni che ho provato durante la guida, è opportuno accennare brevemente all’abitacolo: gli interni della vettura in prova erano dominati da tonalità scure, inframmezzate da bellissime rifiniture d’alluminio per i listelli plancia, volante e per le maniglie di apertura delle portiere. Una configurazione senz’altro appagante per i guidatori dall’anima “racing”.

Bellissimi i sedili sportivi in pelle di pregevole qualità, con poggiatesta integrato e regolazione elettrica, contraddistinti da una seduta incernierata a filo del pavimento la quale rappresenta uno dei canali privilegiati di comunicazione diretta tra “pilota” e corpo vettura. Molto piacevole il volante a tre razze, ben sagomato, dal posizionamento verticale, in perfetto allineamento con la pedaliera dall’alluminio non disassata. Semplice il quadro strumenti composto da tre quadranti disposti in modo da privilegiare la guida impegnata, con al centro il contagiri che ingloba l’indicatore del rapporto e della modalità di cambiata selezionata. Bello a vedersi il piccolo display multifunzione deputato alla visualizzazione delle info del computer di bordo.

 

Alla guida

Non nascondo che l’emozione era tantissima: pur avendo testato auto di cavalleria superiore, l’entusiasmo e l’adrenalina erano alle stelle: stavo pur sempre provando una Porsche, il mio mito da bambino.

Comunque, messo da parte ogni indugio, ricevuto l’ok dal mio “compagno di viaggio”, il gentile capofficina, inserisco la chiave nel blocchetto di avviamento, posizionato, insolitamente, alla sinistra del volante, e metto in moto: il motore prende vita in un attimo, emettendo dal doppio scarico cromato un boato di grande effetto.

Dopo aver innestato la modalità “M” del cambio PDK, tenendo rigorosamente il pedale del freno premuto, inebriato dal fascinoso “rombo” del motore, innesto la prima marcia agendo sui paddles al volante dalla logica discutibile, dopodiché alleggerisco progressivamente la pressione frenante cosicché l’auto inizia a muoversi con straordinaria leggiadria, senza strattonare.

Decido di percorrere i primi chilometri nella modalità normale in modo da familiarizzare con i comandi e percepire il comportamento dell’auto nel breve percorso cittadino antistante l’ingresso in tangenziale, luogo deputato al test reale. Ebbene, ho avuto modo di apprezzare la dolcezza degli innesti del cambio doppia - frizione e la piacevolezza del volante, dal carico mai fastidiosamente eccessivo.

Osannato a destra e a manca da molteplici riviste specializzate, il feedback, restituitomi dal pedale del freno, non mi ha entusiasmato: mi aspettavo un comando duro da azionare, fin dalle prime fasi di discesa del pedale, ed, invece, mi è parso molto simile a quello della Lamborghini, ovvero, un tantino morbido. Preferisco, di gran lunga, il feeling che mi comunica il pedale del freno della mia Scirocco R, bello corposo da azionare.

Detto questo, prima della rampa d’ingresso della tangenziale chiedo al capofficina  di impostare la modalità “sport” delle sospensioni adattive in modo da saggiare tutte le potenzialità della vettura: subito avverto il maggior carico del volante che diventa chirurgico e straordinariamente comunicativo anche ai piccoli angoli, sfoggiando, dunque, una servoassistenza elettrica tarata in maniera impeccabile che non fa rimpiangere il vecchio comando idraulico, da sempre punto di forza della Porsche.

Nel curvone di immissione in tangenziale, percorso ad una velocità interessante, ho avuto modo di apprezzare l’assoluta stabilità e compostezza del telaio nonché la straordinaria motricità delle ruote posteriori dalla generosa impronta a terra (l’auto in prova montava cerchi Carrera da 20” con gommatura 265/35) in uscita di curva; era come se l’avessi sempre guidata, mi ha subito trasmesso una rassicurante sensazione di padronanza.

Una volta in tangenziale, ho finalmente potuto sbrigliare il motore: agendo senza parsimonia sul pedale dell’acceleratore, mi sono concesso un allungo mozzafiato a partire dalla seconda fino alla quarta marcia, notando come la spinta iniziasse ad essere più corposa e gratificante superata la soglia dei 4500 giri, regime di coppia massima, per poi esaurirsi solo al limitatore fissato a quota 7400.

Ho ancora fissato indistintamente nella mente la sensazione sperimentata ogniqualvolta azionavo il paddle dello “shift up” a tale regime: il sound era veramente da brivido, godurioso, indescrivibile, da supercar; la progressione sembrava non esaurirsi mai, le due corsie per senso di marcia sembravano strettissime, i lunghi rettilinei venivano divorati con straordinaria celerità; l’innesto del rapporto rapidissimo, e quasi cattivo, anche se meno brutale rispetto al DKG della nuova M5.

L’assetto si è rivelato molto efficace con un rollio quasi inesistente ed un beccheggio forse un po’ troppo marcato, solo in fase di frenata energica che, pure, mi sono concesso per la felicità dello stomaco del capofficina :D. Nelle “esse” veloci, che connotavano il percorso, la Boxster ha mostrato una notevole agilità, senza mai creare apprensione, in virtù dell’ottimo bilanciamento dei pesi; sembrava che il limite di tenuta laterale non arrivasse mai; davvero, strabiliante: sembrava invogliarti a spingere sempre di più, il che, per chi non è avvezzo a simili bolidi, diventa concretamente controproducente e pericoloso; non ci si deve lasciar troppo irretire dalle sue ammalianti doti dinamiche.

Al termine dell’entusiasmante “hot lap” in tangenziale, per testare la presunta versatilità dell’assetto, promessa dal sistema Pasm, chiedo al capofficina di condurmi su un percorso cittadino; vengo, manco a dirlo, accontentato: decido, stavolta, di lasciar gestire le cambiate direttamente al PDK; pertanto, imposto la modalità “drive” e disattivo la modalità “sport” delle PASM: la prima sensazione che ho percepito è la perdita di carico del volante che acquistava sì leggerezza ma che era, tuttavia, ben lontano dall’essere un comando “cittadino”. Le sospensioni, inoltre, come d’altro canto mi aspettavo, non sembravano digerire bene le asperità della strada né tanto meno avvallamenti e piccole buche, complice la gommatura generosa e, chiaramente, l’assetto, comunque sia, sportivo. Dunque, le sospensioni PASM, senza dubbio, accrescono il livello di versatilità dell’auto ma, giocoforza, non garantiscono, evidentemente, un assorbimento da berlina.

Tra le noti dolenti segnalo la pessima, a mio avviso, logica di funzionamento dei paddles: la collocazione, su ambo le estremità del volante, dei medesimi comandi per scalare (paddle posteriore) e per salire di rapporto (paddle frontale) toglie un po’ di quel piacere di guida che, al contrario, offre la tradizionale logica dei due comandi separati, uno per lo “shift up” sulla sinistra ed uno per lo “shift down” per la destra, garantita, fortunatamente, dal volante Sport Design, previsto in opzione. Inoltre, non ho apprezzato l’attivazione della funzione kick down anche nella modalità “manuale”, che, al contrario, ben si accorda con le altre modalità di gestione della cambiata.

 

Conclusione

La Boxster S mi ha soddisfatto in toto: mi hanno convinto fortemente il motore per pienezza, cattiveria e progressione, il cambio PDK che, nonostante qualche piccolo neo nella logica di gestione, risulta molto valido, contraddistinto  da una duplice anima con innesti dolci nella marcia in souplesse, e cambiate più energiche nella guida col “coltello fra i denti”, l’assetto che, complice le sospensioni PASM, risulta veramente ben tarato, soprattutto, in chiave sportiva, ed, infine, l’impianto frenante che si è distinto per potenza, modulabilità e prontezza.

Dunque, un’auto sportiva che sicuramente gli amanti delle prestazioni e della guida “open air” sapranno apprezzare ad un costo, tutto sommato, accettabile in rapporto alla tipologia di auto.

Un “malato” di motori, almeno una volta nella vita, deve assolutamente provare l'emozione di guidare una Supercar!!! Sabato scorso presso il circuito internazione di Viterbo ho effettuato 5 giri di pista a bordo di una Lamborghini Gallardo LP560, coadiuvato da un simpatico quanto temerario J istruttore della Puresport.

Premetto che il mio stato psicofisico non era propriamente ottimale…non pensate male :D la notte precedente la prova, ho faticato a prender sonno, l’adrenalina era alle stelle tant’è che mi sono svegliato alle 4 di mattina, ovvero, due ore prima dell’ora fissata per la partenza! Cosicché sono arrivato in circuito, dopo quasi 3 ore di viaggio (reso “gravoso” da quella straordinaria invenzione denominata Tutor) un po’ spompato. Questo stato di torpore è scomparso rapidamente dopo un bel caffè ristretto e, soprattutto, dopo aver udito il rombo emesso dalle GT che, nonostante fosse relativamente presto (circa le 9.00 am), già scorazzavano tra i cordoli del kartodromo.

Interni

A dir il vero, il frenetico e convulso alternarsi dei partecipanti al volante della Lambo “pantera” non mi ha permesso di esaminare attentamente gli interni. Tuttavia, la sensazione che ho percepito è stata di assoluta qualità: l’abitacolo, dominato da tonalità scure, prime fra tutte il nero, è pervaso da un’aura racing.

La seduta, a filo del pavimento, risulta molto infossata. La sensazione di essere seduti “a terra” è, inoltre, amplificata da una plancia che sovrasta in modo piuttosto marcato il pilota, senza, per questo, limitare la visibilità anteriore. I sedili sono di ottima fattura e molto profilati ai fianchi; garantiscono, infatti, un ottimo supporto laterale nella guida impegnata. Azionando i comodi ed intuitivi tasti per la regolazione del sedile è stato piuttosto semplice e rapido trovare la posizione di guida ottimale.

Molto gradevole il design del volante dal diametro ridotto al centro del quale troneggia lo stemma del toro. L’impugnatura in alcantara permette una presa, rigorosamente alle 9 e un quarto, solida ed antiscivolo.

Probabilmente l’abitudine può venire in aiuto, tuttavia, l’azionamento dei paddles non solidali al volante, per di più, dalle improponibili dimensioni, risulta poco agevole. Al primo giro, per errore e per la concitazione del momento, ho azionato il lavacristalli in luogo del paddle dello shift up :D La Ferrari, al contrario, presenta dei paddles di maggiori dimensioni, azionabili sia agendo sulla parte superiore sia inferiore della leva.

Alla guida

Premetto che poco prima di salire a bordo ero abbastanza agitato: pur essendo abituato a potenze relativamente elevate (265 cv), tuttavia, assolutamente non paragonabili, avevo un po’ di soggezione e di timore reverenziale ma, al tempo stesso, un sorriso a labbra strette che mi rincuorava.

Alle 10 circa, dopo una attesa di appena 20min (per le Ferrari i tempi di attesa erano molto maggiori) metto il piede destro sul tappetino della Gallardo e, con una contorsione non esagerata (sono circa 1.65), adagio il sedere sullo splendido sedile. Dopo aver salutato l’affabile istruttore, chiudo il pesante sportello, ahimè, dal   tradizionale assemblaggio, regolo agevolmente il sedile e, dopo aver ottenuto il beneplacito dal copilota, tenendo premuto il pedale del freno, innesto la prima marcia, carezzando il paddle di destra. Il rapporto si innesta senza alcun sussulto o scuotimento. Seguendo rigorosamente le indicazioni dell’istruttore, mi appresto ad entrare in pista.

Mi ero ripromesso di seguire alla lettera le direttive dell’istruttore, ma vuoi per l’emozione vuoi perché sono poco incline all’ascolto soprattutto in contesti pistaioli, dopo una partenza sprintosa, arrivo alla prima curva in terza marcia, violando un preciso divieto dell’istruttore che mi ammonisce di scalare subito in seconda :D  Inserisco l’auto in curva cercando il punto di corda ed apprezzo l’ottimo carico e la precisione del volante che mi permette di far “danzare” l’auto tra i cordoli del piccolo circuito di Viterbo. Forse il verbo “danzare” non è propriamente adatto in quanto nelle curve lente e strette il peso di circa 1.700 kg si è fatto sentire e non poco; era piuttosto pigra nel girare nello stretto e forzando l’andatura, spesso, andava in sottosterzo in ingresso. Tuttavia, a onor del vero, nei pochi, ahimè, veloci cambi di direzione la Lambo ha sfoggiato una agilità e una compostezza che non ti aspetti da un mostro del genere.

Impeccabile l’impianto frenante che ho apprezzato per modulabilità e potenza. Sinceramente, mi aspettavo qualcosina in più per quanto riguarda il carico ed il feeling al pedale; sia chiaro non è un comando spugnoso come quello della 147 ma non è, a mio modesto parere, estremo come ci si aspetterebbe da una granturismo. Molto ben tarato l’abs che nelle staccate più energiche latitava, concedendo ai pneumatici dalla ragguardevole impronta di guaire leggermente.

Essendo abituato ad armeggiare con la leva del cambio, mi sono divertito molto ad azionare i paddles (nonostante la posizione e dimensione non proprio eccelse) dell’e-gear, un automatico abbastanza veloce nell’innesto dei rapporti che si segnala per una scalata gratificante ed un innesto, ad elevato numero di giri, cattivo, al limite del brusco, che si sposa bene con un’auto di questo categoria. Per cui non fa affatto rimpiangere la rapidità dei più moderni doppia frizione.

Potente e rabbioso il motore con una progressione che sembra non esaurirsi mai; l’ago del contagiri sale in maniera vertiginosa quanto più si violenta l’acceleratore. La spinta è corposa, soprattutto a partire dalla zona media del contagiri. Forte della trazione integrale la motricità è micidiale: è in grado di bruciare metri in pochi secondi tant’è che, spesso, ero costretto a frenare molto deciso arrivando anche al bloccaggio per evitare una quanto mai inopportuna escursione rallistica sui prati. Nonostante l’istruttore mi invitasse a passare al rapporto successivo piuttosto in anticipo, io disattendevo l’ordine a bella posta, cambiando ad orecchio quando sentivo il motore urlare e spingere con forza, intorno agli 8000 giri.  

A voler  essere pignoli, il sound del motore, per quanto assolutamente godurioso ai medio-alti regimi, perde il confronto con il v8 delle F430 il cui rombo sovrastava in maniera prepotente le sonorità della Lambo.

Nel complesso, la Gallardo mi è piaciuta moltissimo. Ha un design futuristico realizzato con spigoli vivi e forme appuntite che costituiscono un segno distintivo di tutte le Lamborghini. Inoltre, la cura ricostituente del gruppo Vag è tangibile: spicca la precisione nell’assemblaggio di esterni ed interni e l’assoluta qualità dei materiali impiegati.

Ho sempre percepito le supercar come delle auto dalle prestazioni talmente mostruose da essere indomabili per il guidatore medio. Mi sono dovuto ricredere. Nonostante l’abbia guidata per troppo poco tempo e, soprattutto, a controlli elettronici attivi, sono rimasto colpito dalla straordinaria “facilità” con cui si è fatta condurre sul tracciato. Mi ha trasmesso sempre una grande sicurezza, non mi ha mai creato apprensione anche quando apparentemente, dopo una accelerata violenta, sembrava che arrivassi lungo. È stata sempre composta e molto comunicativa grazie al comparto volante-assetto-freni ben tarato.

Tuttavia, tale comportamento, per quanto rassicurante, toglie quel brivido adrenalinico che una supercar non può lesinare. Per questa ragione, credo che la Ferrari f430, che pure scorazzava per il circuito di Viterbo, con la trazione posteriore ed il suo essere ancora più estrema in materia di assetto e brutalità del motore, risulti più appagante per il pilota che ha manico.